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Sanità in Val Vibrata

L'avvocato Gabriele De Santis ha inviato al blog questa lunghissima mail:
INIZIO CITAZIONE
ALLA C.A. di martinsicurocity
Dopo la riunione dei Sindaci dell’unione dei comuni con l’assessore alla Sanità tenutasi ieri a Nereto sulle sorti del’Ospedale Val Vibrata di Sant’Omero vi chiedo cortesemente, ove lo vorrete, di poter pubblicare questo mio breve commento che segue , sperando che il dibattito si trasferisca nelle sedi istituzionali e che il sindaco p.t. prima di schierarsi a favore dell’una o dell’altra soluzione senta la cittadinanza che ha l’onore di rappresentare.
Avv. gabriele de santis

Ospedale di Sant’Omero : chiusura in vista ; una storia sbagliata ;
privatizzazione : Spa alla ricerca di privati o public company

Il governo della sanità della Regione Abruzzo stila in continuo i conti della sua gestione .
Ha comunicato di aver ottenuto un incremento di fondi da parte dello stato ,
che ha ritenuto però insufficiente per programmare l’uscita dall’indebitamento,
e punta il dito , per l’ennesima volta , sulla mobilità passiva , che è diventata superiore a quella attiva . e che a quanto pare non c’è soluzione a breve per fermarla.

Trattasi sempre delle solite analisi a cui seguono sempre le solite scelte ovvero sono le scelte che giustificano la nenia :
Accentramento delle strutture e quindi dei servizi – riduzione dei posti letto- smembramento delle strutture periferiche e svantaggiate
Commissariamento - Super manager – aumento dei ticket - privatizzazione programmata ma da concretizzare
Questa estate in un lungo articolo apparso sulla stampa era intervenuto sull’argomento il presidente della giunta , che , visto il quadro della situazione e conti alla mano , delineava , a suo modo di vedere , l’uscita dalla crisi puntando l’attenzione su buone e poche strutture dove poter usufruire di tutti i servizi di cui il paziente ha bisogno.
Un invito alla mobilità dalla periferia verso il centro provinciale.
Innanzitutto incominciamo ad analizzare che in Abruzzo si sono avuti quasi sempre assessori alla sanità presi dal settore medico ; conoscitori , sulla carta , delle questioni ( una sorta di autogoverno ) poi affiancati da manager di ASL ( di solito ingegneri con poteri fin’oltre la gestione amministrativa ) sicchè da 8 asl si è passati a 4 asl , e in prossimo futuro si passerà ad 1 asl per l’intera regione ovvero all’amministrazione della sanità direttamente dalla sala delle giunta regionale.
questo accentramento di poteri amministrativi e sanitari non ha portato , ad oggi, nulla , nemmeno in termini di risparmio ( anzi il contrario ) e si può prevedere che non porterà nulla di buono perché foriero in sé della mobilità passiva , che è cresciuta e crescerà per effetto di tali scelte ( per prestazioni di base ma anche e soprattutto per mancanza di qualità stante il difetto di scambio di professionalità ) sicchè veniamo al nocciolo della questione.
La mobilità si determina per tanti motivi : mancanza di qualità – ritardo nell’erogazione dei servizi n tempo reale – mancanza di personale specializzato – distanza dai servizi – mancanza di organizzazione -
servizi a catena o di rimbalzo ( su quest’ultimo ci vorrebbe una accurata indagine )
In qualche regione ad es . non si sposta il paziente , ma il professionista , colmando così la lacuna della qualità di vertice –
A volte si è costretti a rivolgersi ad altri professionisti ( fuori regione ) per servizi semplici come ad es. per farsi leggere le lastre o per rifare le analisi del sangue con risultati contraddittori..
Allora è dovere della regione ( anzi obbligo – poiché la stessa è chiamata a gestire i soldi derivanti dalle imposte ) dire ai suoi concittadini, con tanto di statistica , quali sono i dati , le cause della mobilità e perché si verificano , ( incluso quello psicologico ) in ragione delle quali sapremo dire, ad esempio, se il portare a Teramo tutti i servizi , dopo averli sottratti alla periferia sia stata una buona scelta, anche solo in termini economici , se si è tenuto o no in conto i sacrifici di chi proviene dalla periferia (perché tenere l’ospedale vicino casa è cosa diversa che tenerlo a 50 Km in termini morali ed economici – risorse queste da poter valorizzare diversamente )
Allora si scoprirà che la soluzione non passa come suggerisce qualcuno ( ad es. il Presidente della Giunta regionale o il suo assessore ) in una sanità di punta , che non si comprende cosa in concreto significhi ma attraverso la mappatura , la territorialità - mobilità ed assegnazione del servizio di base e di qualità.
mancando questo non si potrà mai rimproverare , ad esempio, ai cittadini residenti in Val Vibrata che per semplici servizi , quanto più o meno costosi essi siano , si rivolgono per comodità territoriale alla regione Marche o a quella del Lazio;
sicchè si comprenderà allora come questo costo, da una parte, non debba essere imputato alla Regione Abruzzo, né fatto ricadere sui cittadini ,
dall’altra denota la scelta di indirizzare a favore di poche strutture e di pochi le risorse finanziarie
sicchè per comprendere e svelare la reale natura di certe scelte la voce della mobilità passiva certe andrebbe stralciata dal bilancio della Regione , ovvero tenuti separate per poi imputarla al fondo nazionale , dato che la mobilità è cosa che riguarda più o meno tutte le regioni d’Italia
da una parte consentirà di azzerare il buco contabile che non potrà mai rideterminarsi per tale motivo. ( se è questo il vero motivo ! ) dall’altra parte si scoprirà che non sono i cittadini dei comuni di confine a determinarlo.
Quello denunciato ripetutamente dall’assessore quindi , che riferisce che l’Abruzzo è chiamato a pagare i maggiori costi di chi va a curarsi fuori regione , va letto semplicemente come un buco di cattiva gestione a mal impostazione del problema , periferico e centrale .
Speriamo che le amministrazioni della Val Vibrata , per quante , alcune di esse sbiadite, e i loro rappresentanti , nazionali e regionali , non cadano in questa storia sbagliata .
Ma dalla lettura dei giornali che rendono conto della riunione tenutasi a Nereto presso l’unione dei comuni pare che solo in pochi si siano resi conto che la Val Vibrata rimarrà senza sanità.
La privatizzazione dell’ospedale Val Vibrata è la conseguenza della scelta politica dell’autogoverno della sanità e non risponde alle esigenze delle collettività locale .
L’Ospedale di Sant’Omero infatti è stato fatto diventare un problema per un semplice quanto elementare dato , che qui di seguito mi consento indicare :
prima , quando c’era l’ASL nr. 08 e l’ospedale aveva una sua amministrazione ;
la struttura è cresciuta ed era un vanto per la Valle ;
conti alla mano vi era senz’altro meno mobilità passiva ;
ma da quando la Regione gli ha tolto l’amministrazione , le cose sono precipitate ;
la Asl è diventata presidio, ora in totale abbandono , oggetto di orde barbariche ;
a tal punto che non c’è più nessuno disposto a combattere per esso;
d’altronde , se l’ospedale viene tolto, o smantellato in attesa del privato , come sarà da qui a brevissimo tempo , la gente , contrariamente a quello che dice il Presidente della giunta Regionale , nonché il suo assessore , immagino già che non si rivolgerà a Teramo , perché preferirà rivolgersi, come sta già facendo , ad Ascoli Piceno o a San Benedetto del Tronto , come già fa Martinsicuro , che , a dire , dell’assessore, si rivolge a San Benedetto del Tronto armai nel 70% dei casi. Anzi si dovrebbe raggiungere il 100% così il problema si risolverà da solo.
Il Sindaco di Martinsicuro è intervenuto alla riunione , come presidente ( rectius credo liberamente) , non esprimendo la volontà del suo paese né del suo consiglio comunale CHE NON HA RIUNITO ED ASCOLTATO, così contravvenendo al suo mandato elettorale.
Eppure noi tutti sappiamo quanto questo problema sia sentito e vissuto in Val Vibrata e quanto questa si senta lontana da Giulianova e Teramo ; e quanto questo problema sia importante per le risorse del comune di Sant’Omero che ospita la struttura.
Orbene qualcuno ha già scelto di affidare l’Ospedale a privati ? ;
ma il privato , come noto , eroga servizi se questi gli rendono ovvero se qualcuno glieli paga ;
il privato in pratica avrà il potere di gestire il servizio ma a condizione che rende ;
sicchè da una parte si tornerebbe alla precedente fase di auto amministrazione ;
ed è un bene , poiché la sanità anch’essa va amministrata con capacità appropriate , e siccome sappiamo che in Abruzzo essere privati è stato catastrofico , sin d’ora sorge il sospetto che il privato dovrà fare i conti con soldi propri e non con quelli della Regione , con tutto quel che ne consegue in termini di fruibilità ed accesso ai servizi.
credo , allora , che prima di affidare il servizio , sarebbe meglio tentare il recupero della partecipazione pubblica LOCALE alla gestione dell’ospedale perché la Sanità è di tutti e non questo o di quello , affinchè non sfugga al controllo della sua gente che lo rende ricco.
Giova quindi che l’ospedale venga dotato di una autonoma amministrazione magari attraverso una public company , o qualcosa di similare , oppure i comuni della Val Vibrata è meglio che si dichiarano FUORI dal sistema sanitario Abruzzese , chiedendo al governo centrale di stralciare la loro partecipazione alla ASL di Teramo e più in generale di quella Abruzzese ( per coinvolgere la loro ricchezza a quella della più vicina Marche, apparentemente meglio amministrata )

avv. Gabriele De Santis – Martinsicuro (TE)

FINE CITAZIONE

Commenti

  1. Si dovrebbe realizzare un grande ospedale adriatico,
    nell' ex area della fornace di villarosa.
    (che avrebbe molta più utenza di sant'omero.)
    Invece le amministrazioni locali della costa sono state solo capaci di aprire decine di opulenti iper-market.
    per la serie "abboffati" e non pensare, che tutto và bene..

    saluti.

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  2. L'errore di fondo è sempre quello. La politica con i suoi caporali, luogotenenti e la sua provinciale mania di grandezza ha voluto costruire un ospedale a S. Omero. La Val Vibrata conta 75.000 abitanti di cui il 60% sulla costa: cosa diavolo c'entrava! E' chiaro che potenziameno o meno, pubblico o privato che sia, l'utente medio preferirà sempre recarsi a S. Benedetto o ad Ascoli Piceno. Dobbiamo necessariamente spostare l'angolo di osservazione. Ottimo lo spunto di chi mi ha preceduto.

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  3. L'eccellenza in sanità è presente solo in strutture pubbliche presidiate da manager e medici competenti. Sono pienamente d'accordo con l'Avvocato de Santis il problema è la gestione politica della sanità. La sanità deve essere gestita amministrativamente da figure manageriali non riconducibili alla classe medica.
    L'errore che i politici molto spesso fanno è quello di affidare compiti di organizzazione e direzione ai medici stessi i quali non hanno formazione e competenza in materia.
    A livello nazionale ci sono molti esempi di riqualificazione di nosocomi destinati alla chiusura i quali riorganizzati oggi rappresentano l'eccellenza in alcuni settori della medicina.
    Per Sant'Omero si potrebbe ipotizzare quanto segue:

    Servizi di base qualificati;
    eccellenza in ortopedia come in passato.

    Economia e management dei servizi sanitari
    Dott. Roberto Guarnieri

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  4. Per saperne di più sull'argomento:

    http://www.prolocosantomero.it/cms/images/stories/giornale/sntomero_n2_dicembre_lr.pdf

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  5. Non capisco perché ci si affanni ad erigere steccati del tipo privato = pericoloso e speculativo, pubblico = sano e virtuoso. Il problema dell’ospedale di S. Omero esiste e va affrontato senza paraocchi ideologici. Del resto un sistema economico regionale basato su un bacino di utenza di 1.200.000 abitanti, avendo dovuto sostenere 25 ospedali pubblici era destinato per forza di cose al collasso. Né si può pensare di rimpiangere il periodo in cui S. Omero era sede di Asl, perché in quegli anni l’Abruzzo ne contava 14 (Castel di Sangro compresa, il che è tutto dire) con una moltiplicazione di clientele e centri di spesa che vi lascio immaginare. Non credo nemmeno che si possa prescindere dalla conoscenza delle dinamiche sanitarie per dirigere un’azienda ospedaliera. Occorre conoscere il territorio e la sua caratterizzazione in relazione alla diffusione delle patologie. L’esempio lampante in negativo lo abbiamo a casa nostra. Il direttore della Asl di Teramo potrebbe anche essere molto preparato dal punto di vista manageriale ma se poi è romagnolo e vive il territorio 3 giorni a settimana, siamo punto e a capo. Queste sono le tare della politica e di tutto quello che le gira attorno. Per venire a capo di tutto ciò occorre ripensare le strutture territoriali, riconvertendo gli ospedali e non escludendo a priori la possibilità che pubblico e privato possano essere messi in condizioni di competere. Ma qui occorre un atto di coraggio della politica nella scelta dei sistemi di gestione e soprattutto (sarà mai possibile?) di persone qualificate e moralmente irreprensibili.

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  6. Sottoscrivo il precedente intervento di "free as a bird".
    Personalmente non mi dispiacerebbe la joint-venture pubblico/privato di cui si parlò un anno fa, in campagna elettorale per le regionali: 49%+management al privato (qualificato), il restante 51% rimane in mani pubbliche. In tal modo, almeno sulla carta, si avrebbe una dirigenza qualificata e costretta a far funzionare il "prodotto", in un quadro strategico comunque determinato dalla politica del territorio. Se poi la politica si svende di nuovo al privato... bè, non dimentichiamoci che i politici sono pur sempre una nostra espressione e a ben poco - anzi a nulla - serve poi schiamazzare: "non sono stato io a votare quel politico!". In democrazia decide la maggioranza, e decide anche per la minoranza.
    Tengo a precisare che una tale impostazione è l'unica vera via di mezzo tra il pubblico e il privato con partecipazione al capitale di rischio.
    La "public company" personalmente la vedo come la soluzione potenzialmente peggiore (significherebbe privatizzare senza definire responsabili specifici).
    Diverso sarebbe invece il discorso dell'azionariato diffuso o popolare che dir si voglia: in linea di principio la soluzione più logica, utopica però dal punto di vista della prassi. Gli antistorici campanilismi che animano la nostra vallata finirebbero per distruggere la funzionalità della struttura. Per fare un simile passo, è dapprima necessario ritrovare una cultura di appartenenza al proprio territorio inteso come ambito più vasto del fazzoletto in cui viviamo e operiamo. Significherebbe saper valutare le necessità e le priorità di tutto il territorio, e non solo quelle della propria specifica realtà demografica. Per cui, e qui vado in disaccordo con "free as a bird", dire che l'ospedale va localizzato sulla costa solo perchè lì è concentrata la maggioranza della popolazione...
    Un discorso diverso, in tal senso, meriterebbe invece la localizzazione di strutture sanitarie di pronto soccorso e primo intervento, debitamente attrezzate per diagnosi e rianimazione: è nel primo immediato intervento che 10 km in più o in meno possono fare la differenza. Una volta stabilizzate le condizioni del paziente i 10 ma anche i 100 km in più diventano scomodi solo per i parenti del paziente in terapia. Addirittura scomodissimi per quelli che schiamazzano contro le RSA per anziani e poi usano l'ospedale per parcheggiarci il proprio anziano in dirittura di arrivo...

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  7. Scrivo quanto a seguire al di fuori di ogni schema precostituito di giudizio. Una mia volontà di provare a condividere un’esperienza, o forse solo una delle tante valvole di sfogo messe in opera per scaricare una tensione enorme accumulata nel volgere di pochi giorni. Comunque una traccia di riflessione e di eventuale discussione.

    Alla fine - ringraziando Dio o Chialtroancora - s'è rivelato un falso allarme, o al massimo un caso positivo di diagnosi precoce... ma l'esperienza resta. E il senno di poi non la minimizza, ma anzi spinge a una riflessione più approfondita proprio perchè più serena.

    Si è scatenato tutto nell'arco di un mese, anche meno. Il panico ci ha subito portati in una delle strutture sanitarie "top" d'Italia. Una di quelle strutture dove convivono, per l'appunto, il pubblico convenzionato con il management e la proprietà privata. Dove è quindi il pubblico che si appoggia al privato, e non viceversa, come invece nel caso del potenziale futuro del Val Vibrata. Cambiano il nesso relazionale e gli equilibri in campo, ma non i soggetti che si relazionano, né lo scopo della collaborazione.

    Accoglienza cordialissima, indubbia efficienza, altissima professionalità. Sia per l'utente SSN, sia per l'utente c/c; va detto a onor del vero. Va anche detto che fanno molta ricerca (qualche malalingua sussurra "sperimentazione"), e la ricerca costa. Costano i macchinari sempre all'avanguardia, costa la struttura che li ospita, costano i cervelli che vi operano. E mi pare anche giusto. Anch'io so prendere a calci un pallone, ma per tali calci Messi lo pagano e il sottoscritto non se lo fila nessuno: un motivo dovrà pur esserci. Mettiamoci poi sopra che Messi ha ben altre responsabilità (al massimo il suicidio di un super-tifoso se sbaglia un rigore decisivo) rispetto agli operatori citati; quindi è giusto così.
    E allora cerchi anche di giustificare e di giustificarti la necessità dei 30 gg se sei SSN. Certo! 30 gg per un alluce valgo sono solo un po' di sofferenza in più; ma se nel fiato che senti sul collo ti pare di riconoscere l'odore della bestia, 30 gg diventano un inferno. Ma ti fai due conti e decidi di conseguenza, soprattutto di necessità. Fai subito a pensare anche qui che sia giusto così. Messi non può tirare tutte le punizioni di questo mondo: finirebbe con il tirarle peggio di te. Quindi si limita a tirare bene quelle assegnate alla squadra che lo paga e che gli permette di tirarle sempre meglio.

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  8. Ma qualcosa stride.
    Date le premesse, ti sembra normale e anzi dovuto l’essenziale e freddo e distaccato: “Cosa volete fare? A casa vostra, qui con il SSN (30 gg), o qui con prassi solvente (subito)? State tranquilli, secondo me non c’è fretta”. Quindi ti pure rassicurano, non fanno assolutamente leva su quell’infallibile incentivo all’acquisto che si chiama paura, a volte disperazione. Cortesi, professionali, corretti: non vogliono per forza vendere il loro prodotto. Ti dicono addirittura, nel caso in oggetto, che nemmeno è necessario acquistarlo. Ti senti rinfrancato, sempre più convinto di aver fatto la scelta giusta, di aver trovato le persone giuste.
    Ma persiste lo stridìo.
    E senti che non è nel tuo percorso la radice della perplessità. Ti sta tutto bene, ti accorgi che è tutto meglio di come te lo potessi augurare. Addirittura non è quell’expo della sofferenza che ti aspettavi. Però senti che nel loro approccio, così positivamente professionale, c’è una zona d’ombra: nulla di ipocrita, di falso, di dolosamente ingannevole, per carità! Ma c’è qualcosa, nella tua testa, che autonomamente non vuole incasellarsi dove pensi che debba andare.
    Qualcosa stride. Ma non riesci a capire cosa.

    Poi arriva il flash! Casuale, come sempre accade in simili circostanze.
    Discorri con il tuo contatto che ti racconta la storia della struttura. “…a priori fu fatta la scelta di escludere l’ambito pediatrico…”. Dannazione, è vero! Non ci fai caso subito, forse perché schiacciato dai tuoi macigni psicologici, veri o presunti che siano: ma di colpo ti rendi conto che non ci sono bambini. E altrettanto di colpo ti rendi conto del perché non ci siano. E tutto s’incastra. La fredda professionalità, la pragmatica efficienza, tutto ciò che è tecnicamente dovuto a tutti e nulla di più. Si ottengono risultati migliori se sei un numero in un’azienda invece che un paziente in un ospedale. Possibile però farlo quando si ha di fronte un adulto… molto più difficile da attuare quando di fianco al proprio interlocutore si incrociano gli occhioni vivaci ma perplessi di chi non capisce per quale motivo si trovi lì.
    Di colpo ti accorgi che quel netto confine che avevi tracciato tra il giusto e l’ingiusto non esiste più. Spazzato via. O meglio: frammentato in una miriade di zone franche dove l’ingiusto diventa giusto e viceversa a seconda dell’angolo visuale.

    Sono questi i momenti, spietati, che distruggono le tue granitiche certezze. Che ti spiegano come sia facile, dall’esterno, schierarsi pro o contro questa o quella opzione; ma quando l’oggetto del tuo discorrere lo vivi in prima persona, tutto si rimescola. E’ la realtà, nuda e cruda, che schiaffeggia sprezzante e anche beffarda la tua arrogante insolenza. E ti rendi conto che non esistono luci e ombre in quanto situazioni distinte, ma che ogni ombra è figlia di una sorgente di luce e che solo nel nulla una luce non genera ombre; soprattutto che ogni esistente si porta dietro la propria ombra, ineliminabile nel visibile. Facile pontificare dell’Iperuranio della Sanità fin quando tutto va bene: poi ti trovi costretto a mettere i piedi per terra, e capisci che puoi toccare solo fallibili proiezioni di quell’ideale realtà (e mai ossimoro potrebbe essere più pertinente). In fin dei conti, cosa è la vita umana se non una continua lotta contro la propria imperfezione, che di volta in volta passa inappellabilmente per la presa di coscienza di questa stessa imperfezione?

    E allora, nello specifico: sanità pubblica o privata? Oppure pubblico e privato? E in quest’ultimo caso, secondo quali regole ed equilibri? Con quali possibili (ed eventuali) deroghe? Due mesi fa avrei rovesciato fiumi di parole. Ora non saprei cosa dire. Mai stato così confuso. E forse è un gran bene.

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