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Barriere protettive

Lilla racconta il delicatissimo compito di una mamma alle prese con un figlio che per la prima volta sente di dover usare la discriminazione come meccanismo di autodifesa.

Commenti

  1. Io non parlerei di "discriminazione", ma in maniera più corretta di giusto o sbagliato.
    Nulla da fare, uno fa il bullo (e anche qualcosa in +), l'altro non condivide e lo denuncia: subito a sentenziare la DISCRIMINAZIONE.
    Il comportamento di Z è palesemente sbagliato e il ragazzino in maniera molto matura affronta la cosa confrontandosi con la mamma che lo aiuta ad affrontare l'accaduto. Dall'altra parte Z manifesta un problema che riguarda lui e la sua famiglia di provenienza e noi tutti dovremo dirgli chiaramente che quello che fa è sbagliato e aiutarlo a capire che se ha bisogno di aiuto non deve fare il bullo, ma affidarsi a persone sincere, mature e preparate. Questi problemi sono all'ordine del giorno e con la mentalità + in voga (destra=isolamento / sinistra=liberi tutti) le cose peggioreranno in maniera esponenziale.
    Quindi iniziamo con chiamare le cose con il loro nome e non buttiamo sempre tutto nel calderone del "per partito preso".

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  2. la discriminazione è un trattamento non paritario nei confronti di un individuo o di un gruppo di individui... questo bambino come molti altri se non aiutato a comprendere presto dedurrà che tutti quelli che apprtengono alla stessa nazionalità di z sono dei poco di buono. la nostra società si sta dimostrando avversa nei confronti del diverso e chi recepisce per primo il messaggio sono sempre i più piccoli.

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  3. Ma secondo te, il problema è che la società si dimostra avversa nei confronti del diverso, o non vuole affrontare il diverso perché è una perdita di tempo verso il raggiungimento dell'appagamento personale?
    In poche parole è più facile (conveniente) girare attorno al problema o affrontarlo con razionalità senza demagogia?

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  4. C'era una volta la vecchia scuola di stampo gentiliano. L'idea portante, allora, era semplice: poichè la scuola era il primo vero contatto che il bambino aveva con la realtà sociale extra-famigliare, si strutturava su un primo livello quasi esclusivamente pedagogico e culturalmente poco impegnativo (nozionismo di base, per farla breve), poi su un livello intermedio di definizione delle attitudini, per poi passare, una volta formato il cittadino-base, al livello più squisitamente tecnico della sua formazione; quest'ultimo livello in un contesto di forte selezione poichè - giustamente - la scuola era da considerarsi come il primo filtro meritocratico che il giovane doveva affrontare nel corso della sua vita.
    Poi, la scoperta delle scoperte: "i tempi sono cambiati". E allora, invece di adeguare nei metodi quel modello - validissimo e tuttora insuperato - alle nuove esigenze, si è pensato bene di distruggerlo nel merito e sostituirlo con un altro modello figlio legittimo (e degenere) di quello spirito sessantottino che, pur nelle sue intenzioni di certo serie e sincere, non ha fatto altro che trasformare la scuola in un semplice momento aggregativo autogestito oltre che in un passaggio "burocratico" per accedere, tutti, ai diritti del "diploma" (e del "posto in banca").
    Ai miei tempi, se la maestra mi mollava uno scappellotto, le ultime persone al mondo che dovevano saperlo erano i miei genitori. Ora è il contrario: per una cosa del genere partono gli avvocati. Il bambino, ribelle e prevaricatore per natura, non ha ancora la maturità per razionalizzare a proprio vantaggio la nuova situazione; ma istintivamente percepisce l'impunità e si comporta di conseguenza... a maggior ragione se sa che è bene che i suoi genitori vengano subito a conoscenza di eventuali "punizioni".

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  5. Si parla di bambini ed i bambini ignorano completamente tutte le cose che avete scritto. Piuttosto bisogna prendere atto della responsabilità delle famiglie nel trasmettere ai propri figli educazione e valori. E' una responsabilità che i genitori hanno prima di tutto nei confronti del bambino che ha bisogno di un esempio da seguire e di conseguenza nei confronti della società. Sapete quanti genitori non si fanno problemi ad invitare i propri figli ad avere atteggiamenti discriminatori razzisti o sessisti? Praticamente in ogni casa ci sono simili momenti di confronto e crescita ed era importante ricordare la delicatezza e la determinazione che occorrono per affrontarli in modo sereno. Tutto qui.

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  6. MCity, mi spiace fartelo presente, ma era chiaro che tutte le riflessioni fatte erano e sono rivolte all'adulto che si presuppone debba essere l'unico educatore dei bambini...
    Quello che tu dici mette in evidenza che l'adulto dei nostri giorni ha perso tale consapevolezza e da quì tutti i problemi che ne derivano: emergenza educativa o, come dice Benedetto XVI, "una generazione di orfani".

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  7. Le argomentazioni di M. C. e dell'anonimo autore del quarto commento sono ineccepibili e costituiscono il risultato di un bene prezioso che, ahinoi, i luoghi comuni e la sciatta sociologia del livellamento verso il basso stanno contribuendo ad emarginare: la ragione!

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  8. Vero! I bambini sono quello che gli insegnano gli adulti, e il bambino di oggi è un "trailer" dell'adulto di domani, non dimentichiamolo.
    Il bambino che somatizza la possibilità di fare il bullo impunemente, somatizza anche una mancanza di rispetto verso l'altro che si manifesterà in età adulta con ben altri atteggiamenti.
    E in questo caso la discriminazione razziale c'entra poco e niente, poichè è questa conseguenza del bullismo di Z, e non viceversa, ossia il bullismo di Z come risposta a una sua discriminazione su base razziale. Se il bullo fosse stato una "bulla", probabilmente il ragazzino vittima dei soprusi avrebbe manifestato un embrione di misoginia, oppure di avversione preconcetta alle uniformi se il bullo fosse stato figlio di un carabiniere.
    Proprio perchè il bambino non è ancora in grado di analizzare nello specifico il comportamento degli altri, tende a reagire secondo lo schema più semplice che gli permetta, inconsciamente, di definire una linea di confine tra sè e il suo aguzzino. Che gli dica, come diversità da sè, perchè quello lo tormenta. E per cui chiunque sta al di là di quella linea di confine è già un nemico.
    Resta il fatto che l'aver tolto alla scuola la facoltà di tentare di colmare - quando necessario - i vuoti educativi degli ambienti familiari, ha determinato un pauroso allargamento dei limiti del concetto di libertà personale, intesa sempre più spesso come egocentrismo utilitarista. Da qui a considerare gli altri sacrificabili alle proprie volontà il passo è molto breve. E gli effetti negativi si vedono non solo negli atteggiamenti del "bullo", ma anche nella reazione della sua vittima.
    A meno che non si voglia mettere sotto processo Lilla in quanto "cattiva" mamma... cosa che io invece escluderei a priori!

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  9. Io credo che la discussione sia virata fuori tema. Il punto sta nel fatto che un bambino vittima di bullismo da parte di un ragazzo con qualche problema alle spalle (come molti bulli nostrani) abbia detto alla mamma: "io penso di essere razzista" e non "io detesto quelli che fanno bulli a scuola", il problema era questo!!! E la mamma, per fortuna è stata brava ad interpretare il campanello d'allarme e lo ha capito, come lo ha capito pure questo blog che lo ha raccontat. Alla fine si è preferito buttarla sull' ideoligia di questo o di quello e pure su una forma di sempreverde:"si stava meglio quando si stava peggio". Voi vedetela come vi pare, per me è una cartina tornasole per la nostra società e ognuno tiri fuori le considerazioni che vuole. Un grazie a Lilla per la bella testimonianza dal mondo reale... altro che Papa e scappellotti.

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  10. L'hai detto tu stesso: è una cartina tornasole.
    Basta e avanza per sconfessare le tue affermazioni e dare consistenza a quelle che volevi sconfessare.

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  11. Una precisazione è dovuta: non è stato mio figlio a subire i gravi atti di bullismo citati. Lui, con me, ha esternato un senso di disagio verso il compagno di classe, definendo erroneamente il suo, come un sentimento di razzismo, proprio perchè il ragazzo non è di origine italiana. E qui il dubbio è stato fugato spiegandogli quello che dovevo.

    Il vero problema secondo me, è che tutta una classe di seconda media è da 2 anni "ostaggio" di un elemento -che sia o no italiano a questo punto non incide granchè- che la condiziona pesantemente per quel che riguarda il diritto a studiare tranquillamente, a poter seguire le spiegazioni dei professori senza interruzioni;
    e che ormai, soprattutto, è diventato pericoloso materialmente, solo perchè "deve" arrivare a 16 anni per poter mandarlo fuori dalla scuola! Quindi, l'anno prossimo, i nostri figli se lo ritroveranno di nuovo promosso e di nuovo in classe con loro...
    Quello che vorrei sapere io è se è proprio così impossibile trovare una soluzione a questo problema, così come dicono i professori.
    Oppure, mi viene da pensare malignamente che,cercando di allontanare il ragazzo, la scuola potrebbe essere tacciata, guarda un po', di razzismo.
    P.s.: signori uomini commentatori, vi rendete conto che spesso, quando scrivete, non si riesce a seguire il discorso? Non parlate solo il politichese e cercate anche di valutare le cose per quello che sono, un po' più terra terra,senza per forza infilarci la politica.
    E comunque ringrazio Luca.

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  12. Probabilmente non sono affari che mi riguardano, ma mi pare che l'intervento di Lilla dia ragione a M.C., a Gibo e agli anonimi. Sono stati loro a puntare il dito contro il prepotente senza fare riferimento alla sua origine non italiana mentre Luca ha riportato l'attenzione sulla reazione a sfondo razzista del bambino. E' stato il primo anonimo a introdurre il problema dell'impotenza della struttura scolastica di fronte al problema. M.C. poi ha iniziato il suo primo intervento spazzando via ogni pregiudizio ideologico e risalendo subito all'origine del problema: in questo caso ancor prima della reazione razzista, è da condannare il bullo, punto e basta.

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  13. Non tutti i confronti devono finire per forza con la lista di quelli che hanno torto o ragione. Ci si può anche parlare soltanto per il piacere di ascoltare altri punti di vista. Avere a disposizione idee diverse è una ricchezza.

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  14. Cara Lilli, una mia amica di Roma è insegnante di sostegno in una scuola di Tivoli ed è proprio la sua figura, all'interno della classe, ha prendere in "custodia" i bambini che manifestano una richiesta di aiuto (fisico, comportamentale o psicologico), togliendo l'incombenza all'insegnante che ha il dovere e il diritto a seguire il resto della classe.
    Se il ragazzo (Z) è un "pericolo" dovrebbe essere compito dell'insegnante-direttore scolastico avvertire la famiglia, prima, e poi assistenti sociali o chi deve evitare simili situazioni.
    Politichese è doveroso perché sono proprio i politici a doversi occupare di trovare le risorse e creare le condizioni affinché, genitori e insegnanti, trovino la soluzione più adatta. Purtroppo i politici devono pensare alle elezioni e al proprio tornaconto personale e trovani più facile buttarla sul razzismo e ideologie varie in maniera che molti si perdono in chiacchiere e i soliti pochi si ritrovano a doversi risolvere i problemi come possono.

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